Che cosa c’è di nuovo a Milano.

Che cosa c’è di nuovo a Milano?

Beh parecchio: iniziamo con l’ormai inaugurato Citylife Shopping District che non è solo un super centro commerciale, ma una gioia per gli occhi dal punto di vista architettonico. In questi giorni è affollatissimo, ma vale la pena andarlo ad ammirare, così come è posizionato e raccordato allo skyline delle per ora due torri, la Isozaki e la Hadid (siamo in attesa della terza; la Libeskind) dal nome degli archistar che hanno progettato i tre grattacieli e al parco circostante, quest’ultimo ovviamente più apprezzabile in primavera.

Qualche breve informazione: CityLife Shopping District è stato progettato da studio Zaha Hadid Architects (il mall), da Studio One Works (la piazza centrale) e Studio Mario Galantino (la promenade open air che si snoda da Viale Boezio e che ricorda una via dello shopping milanese, rivista in chiave moderna,  con un design contemporaneo). Si può raggiungere con la M5, linea lilla, fermata 3 Torri.

Altra novità: il 2 dicembre si è aperto a Rho, l’annuale appuntamento con l’Artigiano in Fiera. Si girano il mondo e l’Italia semplicemente raggiungendo con la linea rossa, la fermata di Rho Fiera. Qui trovate tutto quanto c’è da sapere al riguardo: http://artigianoinfiera.it/it/visitare/.

Torniamo all’arte come viene comunemente intesa, anche se ormai il concetto di arte si è molto ampliato, con uno dei capolavori di Tiziano:  la maestosa pala d’altare “Sacra conversazione 1520 (Pala Gozzi)” proveniente dalla Pinacoteca Civica “Francesco Podesti” di Ancona, esposta dal 5 dicembre al 14 gennaio nella Sala Alessi di Palazzo Marino.

“Insieme all’indiscussa importanza storico-artistica del dipinto di Tiziano, la scelta del Comune testimonia la vicinanza di Milano alla città di Ancona, che svolge un ruolo fondamentale come centro di raccolta e riparo di numerose opere d’arte, tra cui molti capolavori, provenienti dai territori marchigiani colpiti dal terremoto.

Grazie a un importante progetto allestitivo curato dall’architetto Corrado Anselmi, i visitatori potranno straordinariamente osservare non solo il capolavoro di Tiziano ma anche il retro della tavola, dove sono presenti schizzi a matita, in parte ombreggiati a pennello, realizzati dallo stesso Tiziano e raffiguranti varie teste, una delle quali potrebbe essere il bozzetto per il Bambino in una prima stesura del dipinto. La possibilità di ammirare anche il retro della grande pala d’altare (olio su tavola, 312 x 215 cm) consentirà di scoprire come venivano realizzate nel Cinquecento queste opere che tanta importanza e diffusione hanno avuto nella storia dell’arte del nostro Paese.

Dipinta nel 1520 dall’allora trentenne Tiziano per il mercante di Dubrovnik Luigi Gozzi, e destinata all’altare principale della chiesa di San Francesco ad Alto ad Ancona, la “Sacra Conversazione” è il primo dipinto firmato e datato di Tiziano a noi noto: in un cartiglio in basso si legge infatti ALOYXIUS GOTIUS RAGOSINUS / FECIT FIERI / MDXX / TITIANUS CADORINUS PINSIT.

La tavola è una tappa decisiva nell’affermarsi di una nuova forma di pala d’altare, svincolata dagli schemi architettonici e prospettici del Quattrocento. Una rivoluzione che era stata intuita da Leonardo con la Vergine delle Rocce, proseguita da Raffaello, ma interpretata da Tiziano con uno spirito aperto alla natura.

L’opera appartiene al tradizionale genere iconografico della pala d’altare definita ‘Sacra Conversazione’: la Madonna con il Bambino appare improvvisamente in un cielo di nuvole in vibrante movimento, infuocato dalla luce magica del tramonto; in basso contemplano sbigottiti la visione San Francesco, a cui era dedicata la chiesa che ospitava la pala, e San Biagio protettore della città dalmata, che indica al committente inginocchiato l’apparizione celeste. Immerso in una calda luce reale, un paesaggio irripetibile, dove spiccano in primo piano le relazioni visive tra i personaggi: ognuno guarda qualcuno, sino ad arrivare al Bambin Gesù che a sua volta punta lo sguardo all’esterno, sullo spettatore, che viene così a diventare parte dell’opera stessa. Sullo sfondo della rappresentazione, ben visibile, il bacino di San Marco con il Palazzo Ducale e il suo campanile.
Un dipinto grandioso che unisce Venezia, Ancona e Dubrovnik: Tiziano sembra suggerire un’alleanza tra i tre più importanti porti dell’Adriatico, sullo sfondo delle turbolenze politiche sul suolo italiano e dell’espansionismo ottomano.
A valorizzare ancor di più il capolavoro, l’impianto illuminotecnico a cura dell’architetto Francesco Murano, che utilizzerà la tecnica della luce miscelata, ottenuta componendo luci calde e fredde, e favorirà una visione particolarmente brillante dei colori con i faretti Luum della Lumen Center Italia.

Curata da Stefano Zuffi, la mostra è promossa da Comune di Milano, Intesa Sanpaolo – partner istituzionale – con il sostegno di Rinascente”. (Testo tratto dal sito del Comune di Milano).

Infine, per chi se lo può permettere, il 7 dicembre, ci sarà la “prima” della Scala con l’Andrea Chénier, capolavoro di Umberto Giordano, diretto dal Maestro Riccardo Chailly. Biglietti da 94.80 a 300 euro!!!

Buon divertimento!

 

 


Palazzo Clerici

INVITO A PALAZZO

Nel cuore della Milano degli Affari e a due passi dal Teatro alla Scala sorge Palazzo Clerici eretto  per volere della famiglia Visconti, acquistato nella metà del ‘600 dai Marchesi Clerici e oggi sede dell’ISPI.

Il vanto maggiore dell’edificio è rappresentato dalla straordinaria Galleria affrescata da Giovanni Battista Tiepolo nel 1741. Questo ambiente, per fasto e ricchezza, pone la dimora patrizia al livello delle grandi regge italiane ed europee e offre al visitatore uno spettacolo unico e irripetibile che coinvolge, stupisce e ammalia.

Era proprio questa l’intenzione di Tiepolo: colpire, incuriosire e mostrare al bel mondo dell’aristocrazia la potenza di una famiglia che aveva fatto del commercio della seta la sua maggior fortuna.

La Corsa del Carro del Sole venne eseguita dall’artista veneto in occasione delle nozze di Antonio Giorgio Clerici con Fulvia Visconti. L’affresco del Salone di Rappresentanza si staglia maestoso sopra i nostri occhi.

La prima parte narrativa, verso l’arcone d’ingresso, è costituita dalle figure mitologiche di Proserpina in fuga, dal’ebbro Dioniso circondato da grappoli d’uva e dall’allegoria dell’Asia riconoscibile per la presenza di una coppia di cammelli inginocchiati sul cui dorso sono posate le mercanzie. Procedendo si incontrano due fanciulli; lei bionda, prosperosa e bella si lascia cullare da un giovane che tiene nella mano una feretra stipata di frecce e appoggia il piede sulla schiena di un caimano. Si tratta, probabilmente, della personificazione dell’America.

Spostandoci sul lato della Galleria possiamo riconoscere un nano deforme con una scimmia e più in alto la Musica, la Pittura e l’autoritratto di Tiepolo. Velocemente si passa all’Africa ove son visibili un guerriero con elmo e lancia cui si accosta una donna con lo sguardo abbassato e un servo di colore in livrea.

Un gioco di nubi segna il passaggio tra Africa ed Europa in cui uno spavaldo guerriero con corazza, simbolo della potenza di Roma, volge gli occhi al cielo, punto cardine della rappresentazione ove domina la Quadriga del Sole accompagnata da Mercurio, da satiri, da ninfe, da putti danzanti, da amorini e da dee.

Siamo davanti ad una pièce teatrale; ogni attore ha imparato la sua parte e la sta recitando. Non esiste un senso cronologico, ogni gruppo, ogni personaggio può essere fonte di significato e come in un rebus tocca a noi analizzare e trovare una chiave di lettura.

Tiepolo ha qui espresso al meglio le sue qualità di pittore e di scenografo. L’ensemble di figure “buca” letteralmente la parete, vorticosamente il Carro del Sole crea un senso di infinito e sprofonda rapidamente nel cielo quasi abbandonasse ogni contatto con il mondo terreno.

La composizione è pervasa da un ritmo veloce, da una certa leziosità e da una grazia dei gesti e delle posture che sono tratti tipici del rococò, ultima fase del ridondante barocco che aveva fatto della ricerca dell’esuberanza il suo tratto distintivo.

A Palazzo Clerici si è potuto dare ampio sfogo alla creatività, all’inventiva, alla sperimentazione e al virtuosismo.

Il mondo dell’arte diventa il mondo del teatro, le divinità diventano commedianti e ogni loro azione è controllata dalla figura centrale probabile allegoria di Antonio Giorgio Clerici valente uomo d’armi e amante di Maria Teresa. Spavaldo guida la fiumana di personaggi che attenti seguono con lo sguardo il suo incedere. La luce che emana colpisce le quattro parti del globo quasi volesse enfatizzare la potenza della Casa d’Austria sul cui regno, ai tempi di Carlo V, si diceva non tramontasse mai il sole.

Tiepolo ha dato prova del suo valore creando una sinfonia di colori, di luci, di ombre e di particolari.

La Grande Galleria è solo l’ultima delle sue opere milanesi; già nel 1731 l’artista, proveniente da Venezia, venne chiamato a Palazzo Archinto i cui affreschi, rappresentanti il Trionfo delle Arti e della Nobiltà, andarono perduti a seguito dei bombardamenti del 1943. Successivi sono gli Episodi della Vita di Scipione l’Africano per Palazzo Casati (oggi Dugnani), pervasi da una grazia melodrammatica solenne e composta, e il Martirio di S.Vittore e il Naufragio di S.Satiro per la Basilica di S.Ambrogio testimoni di una padronanza del mestiere inequivocabile.

Per concludere…Tiepolo è stato inventore, Tiepolo è stato scenografo, Tiepolo è stato demiurgo, Tiepolo ha dato a Milano un tocco di vitalità e di raffinatezza degne di una metropoli imperiale.


Il Cenacolo di Leonardo

IL CENACOLO DI LEONARDO: VISITA AL TEATRO DELLE PASSIONI

Quando entri nella stanza del Cenacolo respiri un’aura di sacralità. Maestosi e diametralmente opposti si fronteggiano la Crocefissione di Montorfano (1495) e il capolavoro di Leonardo da Vinci (1494-1498).

Da una parte un artista bravo, attivo prevalentemente a Milano, timidamente aggiornato alle istanze rinascimentali, dall’altra il genio, il poliedrico, il maestro, il rivoluzionario. Due personalità carismatiche e affascinanti che operarono fianco a fianco nel refettorio di S.Maria delle Grazie. Montorfano ebbe solo la gloria di aver terminato i lavori prima rispetto a Leonardo, ma i suoi sforzi, la sua sagace meticolosità nel descrivere personaggi e particolari della scena biblica non valsero abbastanza in quanto l’attenzione di chi visitava e visita tutt’ora questo ambiente è velocemente catapultata sull’ Ultima Cena che incuriosisce e commuove.

Il Maestro toscano la compose come una grande quinta scenica ove è rappresentato il momento successivo all’annuncio del tradimento. L’attore protagonista è probabilmente Gesù Cristo che melanconicamente accetta il suo destino e indica il pane e il vino, simboli dell’Eucarestia. Gli apostoli si dispongo tutti intorno a lui, a gruppi di tre, ognuno dei quali reagisce in modo differente alla scioccante rivelazione.

Ecco S.Giovannino alla sinistra del Salvatore, sulla cui identità sessuale si è scatenata la fantasia di Dan Brown, raffigurato come un giovane imberbe contenuto nell’atteggiamento che presta attenzione alle parole di Pietro. Quest’ultimo è forse il più turbato degli astanti, quasi presagendo il futuro triplo tradimento, e tiene stretto un pugnale nella mano. Ecco Giacomo, alla destra di Cristo, con le braccia spalancate a cui fanno eco Tommaso con il dito alzato e Filippo con le mani al petto. E Giuda? Diversamente dall’iconografia tradizionale il traditore è inserito all’interno del gruppo, non è isolato dall’altra parte della tavola; totalmente in ombra cerca di ascoltare le parole dei compagni e stringe il sacco con le monete.

Il Cenacolo non è un film muto in bianco e nero ma un vero e proprio teatro delle passioni che esplodono violente. E’ un’indagine psicologica e sociologica sui moti dell’animo, su quelli che sono i comportamenti umani davanti agli eventi della vita. Ognuno dei personaggi metabolizza ciò che accade e il volto diventa lo specchio del proprio intimo; paura, stupore, incredulità, rassegnazione, tristezza, amore, pietà si impossessano rapidamente dei dodici attori smarriti e da lì a poco senza una guida spirituale.

A dare un ulteriore tocco di realismo alla storia è l’uso sapiente della prospettiva che Leonardo realizza con l’inserimento delle tre finestre di fondo e con l’infilata degli arazzi sulle pareti di lato. Ottiene così un cannocchiale visivo, una piramide che travolge la superficie piana. Bene aveva fatto una decina di anni prima Ludovico il Moro a credere in quest’uomo arrivato dalla raffinata Firenze e portatore di una linfa vitale al goticheggiante panorama artistico milanese.

Egli diede assieme a Donato Bramante una scossa vibrante ad una città ove venivano ancora realizzate le ieratiche Madonne con Bambino su fondo d’oro di bizantina memoria. Il periodo milanese è stato probabilmente il più proficuo della carriera di Leonardo; nel capoluogo lombardo produsse capolavori quali la Dama con L’Ermellino (oggi al Castello di Cracovia), il Musico (oggi all’Ambrosiana) e la prima versione della Vergine delle Rocce (oggi al Louvre di Parigi). Fece, inoltre, molti progetti (monumenti equestri, macchine, strumenti musicali, canali) la maggior parte dei quali mai ultimati.  Sta appunto nello sperimentare e nel trovare soluzioni originali la grandezza del suo genio, la sua incomparabile bravura, il suo tratto distintivo. In lui convivono passione, ardore, fervore ma anche insicurezze tipiche di un uomo che ha fatto del vagabondaggio il suo marchio.

L’Ultima Cena è la punta di diamante, il climax, il capolavoro di una vita e ciò è dimostrato dalle reazioni che quotidianamente si verificano davanti alla sua visione. Molti parlano di sindrome di Stendhal allo stato puro, di commozione e di smarrimento. Se il Maestro toscano potesse vedere tutto ciò ne sarebbe soddisfatto nonostante gli inenarrabili problemi di conservazione che il suo lavoro ha comportato e in buona parte risolti con il restauro del 1999 opera di Pinin Brambilla.

Oggi il Cenacolo è vistato da oltre 335.000 persone l’anno ma non sono i numeri a far capire il suo valore bensì la storia di un uomo che purtroppo non abbiamo avuto il privilegio di conoscere ma che sicuramente sarebbe piaciuto al XXI° secolo!